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Informazione e “soft power” tra Russia e Europa: intervista a T. Graziani

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Tiberio Graziani, presidente dell’IsAG e direttore di “Eurasia”, è stato intervista da Eliana Astorri per “Radio Vaticana” il giorno 23 novembre, alla vigilia della sua partenza per la conferenza internazionale di Parigi su Russia and Europe: Topical Issues of Contemporary International Journalism, organizzata dal Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa. L’audio dell’intervista può essere ascoltato cliccando qui. Di seguito proponiamo la trascrizione integrale.

 

 

Prima di introdurre il convegno, ci può presentare la rivista “Eurasia”?

 

Eurasia” è una rivista di studi geopolitici giunta ormai al suo ottavo anno di vita. È una rivista che si è accreditata nell’ambiente accademico e scientifico ma anche in quello giornalistico e della comunicazione in senso più ampio. Tratta i temi della geopolitica attuale ed offre analisi e prospettive di medio e lungo termine. In particolare focalizza la sua attenzione nella massa continentale eurasiatica e da un anno a questa parte, sulla base degli studi e del gruppo di lavoro creatosi attorno alla rivista “Eurasia”, è stato fondato un istituto di studi geopolitici, l’IsAG.

 

Domani a Parigi la conferenza internazionale sulle questioni legate al giornalismo internazionale contemporaneo: qual è lo scopo di questo incontro?

 

Lo scopo di questo incontro è sostanzialmente di trovare dei punti di convergenza tra gli operatori della comunicazione russi e dell’Unione Europea. In particolare saranno dibattute alcune tematiche, che sono quelle relative all’interesse nazionale ed al giornalismo che si occupa delle relazioni internazionali. Poi saranno dibattuti temi legati alla deontologia, e dunque al comportamento etico dei giornalisti e dei loro editori. In particolare ci si soffermerà sull’influenza dei mass media sulla formazione della cosiddetta opinione pubblica. Questo è un tema abbastanza delicato se messo in rapporto alle relazioni internazionali: l’influenza del giornalismo è spesso coerente con alcune dottrine geopolitiche. Infatti si parla spesso del giornalismo come strumento del soft power.

 

Globalizzazione e i moderni strumenti di comunicazione, dal web ai social network, hanno cambiato o stanno cambiando il modo di fare informazione?

 

Certamente: l’hanno cambiato e c’è un’evoluzione in itinere, continua. C’è un effetto massiccio dell’informazione ed un ventaglio d’informazioni veramente enorme al quale ancora non siamo abituati. Quindi occorrerà del tempo, anche da parte di chi ascolta, legge e s’informa, per metabolizzare e filtrare in materia opportuna le informazioni erogate dai mass media.

 

Mentre i classici mezzi d’informazione (stampa, televisione) che ruolo hanno oggi nelle relazioni internazionali?

 

I mezzi tradizionali hanno ancora una grande forza ed incidono moltissimo nei comportamenti dei governi. Basta pensare ad esempio ad alcuni importanti giornali e riviste d’informazione economica, che riescono in pratica ad alzare o abbassare il ranking di alcune nazioni ed influenzano anche i comportamenti dei governi. Sono quei giornali che vengono letti da imprenditori, da politici, da intellettuali di alto rilievo e che quindi influenzano, in seconda battuta, l’opinione pubblica.

 

Quale sarà il tema del suo intervento domani alla conferenza?

 

Io mi occuperò proprio della relazione tra mass media e soft power: vale a dire dell’utilizzo e strumentalizzazione dell’informazione, e quindi dei mezzi d’informazione, ai fini d’alcune prassi geopolitiche. In particolare m’occuperò di come certa stampa cerchi d’influenzare ed orientare l’opinione pubblica.

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